Julia CartaDobbiamo ringraziare l’Archivo Histórico Nacional di Madrid se possiamo ricordare la storia di Julia Casu Masia Porcu, meglio conosciuta come Julia Carta. Nacque a Mores (Sassari) da Salvador Casu, muratore, e Giorgia de Ruda Porcu Sini.


Povera, analfabeta, a 25 anni sposò Costantino Nuvole, un umile contadino, vedovo e con un figlio avuto dalla donna precedente, e si traserì nella poco distante Siligo. Dall'uomo ebbe sette figli, ma solamente uno, Juan Antonio, sopravvisse.
Una donna semplice, come tante altre, ma mentre la madre le aveva insegnato ad essere una perfetta donna di casa, oltre che a cucire, tessere e filare come tradizione sarda voleva, ecco che la nonna le aveva tramandato arti ben più particolari: Julia era indovina e guaritrice, e queste doti si rinforzavano giorno dopo giorno, un po' grazie alla condivisione con altre compaesane che le praticavano, un po' per la conoscenza di gitani che a volte si trovavano a passare da quelle parti. Le arti di Julia erano adoperate a fin di bene, senza scopo di lucro, e della sua buona fede ella si fece scudo ripetutamente ad ogni accusa che le venne mossa.

Alle sue arti ricorrevano anche persone provenienti da paesi vicini: Julia conosceva il potere delle erbe e dei brebus che guarivano dalle malattie del corpo e dello spirito, sapeva costruire amuleti difensivi, conosceva diverse tecniche per prevedere il futuro... Ma c'era chi diceva potesse anche fare ammalare e morire: fu con l'accusa di aver gettato una malia ad una donna che aveva tentato di curare (infruttuosmente, vista la morte della poveretta) che venne arrestatae processata davanti al Tribunale dell'Inquisizione spagnola, sito a Sassari.

Il parroco di Siligo, Baltassar Serra y Manca, si prodigò nella ricerca di indizi e testimonianze a discapito di Julia, e con successo: seppe, tra le altre cose, che la donna usava affermare esser lecito confessare i propri peccati, in alcuni casi, non al sacerdote, ma all'interno di un buco fatto per terra di fronte all'altare, sotto le lenzuola a letto oppure nell'attraversare un fiume.
Quando Julia curava, era solita recitare questa preghiera: "Jhesus Maria,innantis Deu qui non punta De sa manu da sa Verginy Maria sias unta Unta de sa manu da sa (Verginy)Maria Innantis de sa manu mia Et de Sancta Margarida Chi lehayt dogni punta et dogni ferida Chi dognia punta et dognia ferida leayt Et de custu male di sanayt." Notiamo che la donna guariva invocando l'intercessione della Madonna: ai tempi un'eresia a tutti gli effetti, ai giorni nostri probabilmente sarebbe stata canonizzata e proclamata santa.

Fu così che, a 35 anni, Julia finì davanti al tribunale per la prima volta: era il 1596. Barbara de Sogos, Jagomina Zidda, Jagomina Enna, Joana Pinta, Joana Seque Malizia, ed altri testimoni, dichiararono a Baltassar, che era anche commissario dell'Inquisizione, tutte gli operati della loro compaesana. E' il popolino stesso che getta scandalo sulla figura della persona a cui, fino al giorno prima, si era rivolto per curare una febbre o chiedere consiglio sull'immediato futuro. Una storia che, purtroppo, è il leitmotiv di tutto il periodo inquisitorio.
Una volta giunta a Sassari, le vennero fatte le tre moniciones di rito, che invitavano la presunta strega a farsi un esame di coscienza e raccontare tutta la verità. Le confessioni avvennerò soltanto sotto tortura: sottoposta al tormento della corda, ammise di aver compiuto le malie per cui era stata accusata, ma non solo: ammise di avere avuto rapporti carnali con il diavolo, di aver operto anche durante il suo soggiorno in cella, ma anche di aver subito molti soprusi. E rivelò di aver ereditato i suoi saperi dalla nonna, da una zingara e da una certa Tommasina Sanna. Un'eredità che poteva essere tramandata solamente di donna in donna.

"La accuso e le imputo come colpa principale il fatto che una volta andò a praticare suffumigi a un'ammalata e, avendole portato alcune braci ben accese, la detta Julia Carta gettò su quelle braci una cosa che le spense di colpo. Ed essendo i presenti meravigliati per come le avevano viste spegnersi così repentinamente, la detta Julia disse: - questo significa che l'ammalata è morta - ; e aggiunse anche - hai raggiunto il tuo scopo - . Avendo chiesto di che si trattava, Julia rispose che l'inferma aveva fatto una certa cosa, ed era che aveva fatto scendere la luna perchè le rivelasse che cosa sarebbe stato di una certa persona che si trovava in carcere; e disse pure che l'inferma sarebbe morta nell'ora in cui il gallo avesse cantato. E fu così che morì proprio in quell'ora.
Per la qual cosa sembra essere strega, superstiziosa, malefica e (si sospetta) la presenza del demonio (...) parimenti, la accuso e le imputo come colpa il fatto che un'altra volta consigliò e diede a una certa persona un fazzoletto pieno di ossa di morto (un panisuelo lleno de uessos de muertos). affinchè, recatosi a casa del governatore di Sassari, le mettesse sulla porta dalla quale il detto governatore usciva, in modo che costui fosse impossibilitato a far del male a una certa persona (...)parimenti la accuso e le imputo come colpa che, essendo una certa persona inferma e si sospettava che lo fosse a causa di qualche maleficio che le aveva fatto, una certa persona le consigliò di recarsi a casa di Julia Carta, che si intendeva di queste cose e che le avrebbe dato un rimedio. E così vi si recò. E il rimedio che la detta Julia Carta le diede fu questo: chiese tre pezzi di tegola di chiesa, tre pezzi di pietra pomice e polvere, palma benedetta, rosmarino, ruta e cùscuta, e tutte queste cose mise in un vaso di terracotta, nel quale c'erano vino, acqua benedetta e orina ( tres pedassos de texa de iglesia, tres pedassos de piedra pomize y pòlbora, palma bendita,romasino, ruda y hilos de oro, y todo esto lo paso in un vaso de tierra en que estava vino, agua bendita y orina); chiamò quindi quella persona e la fece spogliare e sedere in una sedia sardesca (silla sardesca) vicino al fuoco, mise sul fuoco tutti quegli ingredienti mrnzionati, e col fumo suffumicò la detta persona. E così avenne la prima volta. La seconda volta Julia Carta chiese sette "ochinas", un "detrès" e un mannello di lino, e sopra quel lino mise una "ochina"; poi prese un'altro pò di lino e un'altra "ochina" e li sistemò in forma di croce, e poi un detrès e tutto il lino e le ochinas, e tutto questo mise su una tegola di braci e lo bruciò. Si levavano alcune fiamme di molti colori, e quando si alzava una fiamma nera diceva che quella era la malattia. Fece questo per tre volte e disse: pensate che queste monete le chieda per mè? non troverete ne ochinas ne dètres. Alla fine prese un giunco e misurò tutte le articolazioni di quella persona, e ad ogni articolazione faceva un nodo nel giunco, e poi se lo mise in seno. Per questo e per tutto il resto che è contenuto nella prima accusa consta in modo chiaro ed evidente che la suddetta Julia Carta è stata ed è sospetta di eresia nella nostra santa fede cattolica, malefica indovina superstiziosa, maga, e si presume che abbia stipulato patto con il demonio e che abbia detto e fatto molto più di quelle cose che compaiono in questo atto d'accusa." (Tommaso Pinna - Storia di una strega)

E' tuttavia lecito immaginare che la mggior parte delle confessioni fossero irreali. Julia venne condannata a tre anni, con l'imposizione di penitenze spirituali e del sambenito (un abito penitenziale che segnava la morte sociale non solo per chi lo portava, ma anche per tutta la sua famiglia).
Nonostante ciò, venne accusata di stregoneria una seconda volta, in un processo che toccò il periodo dal 1604 al 1606. Anche qui ebbe la fortuna di scampare al rogo inquisitorio.
Si parla ancora di lei in un documento del 1614, ma sarà l'ultima volta che il suo nome comparirà tra questi documenti: non ci è purtroppo dato sapere come siano andate a finire le cose, ma si suppone che anche in questo caso Julia abbia avuto la meglio. Il fatto che la sua figura sia sparita così misteriosamente, contribuisce a rinforzare l'alone di mistero che ne circonda la storia. Chissà, magari è riuscita a farla in barba agli inquisitori un'altra volta, un piccolo riscatto nei confronti di tutte le altre donne che, purtroppo, non ce l'hanno fatta.

Monica Taddia