Il Castello di Acquafredda a Siliqua in Sardegna - conosciuto anche come il Castello del Conte Ugolino: gli aspetti storici, paesaggistici, la geologia, la fauna e la flora fanno di questo luogo un sito naturale di grande valore estetico e di notevole interesse scientifico.
Il Castello di Acquafredda a Siliqua in Sardegna
Conosciuto anche come il Castello del Conte Ugolino
Il Castello di Acquafredda, da molti conosciuto anche come il Castello del Conte Ugolino, è un’importante testimonianza di struttura fortificata di epoca medioevale, dista 4 Km dal centro abitato di Siliqua e si innalza su di un colle di origine vulcanica sviluppandosi per un’altezza di 256 metri rispetto al livello del mare.
Presenta svariati motivi di interesse naturalistico: gli aspetti storici, paesaggistici, la geologia, la fauna e la flora fanno di questo luogo un sito naturale di grande valore estetico e di notevole interesse scientifico.
Il colle e le persistenti murature che lo sormontano hanno assunto l’immagine di un unicum naturale osservabile dalla piana circostante a 360 gradi; dall’alto del Castello invece, si gode un magnifico panorama delle valle del Cixerri e, nelle giornate serene, dei lontani stagni di Cagliari e del mare, della Marmilla e dell’iglesiente.
La vegetazione è costituita dalla tipica macchia mediterranea con arbusti di lentisco, olivastro, alaterno ginepro ed euforbia arborea, mentre ai piedi del colle si trova un rimboschimento di pini dove sostare per i picnic e le passeggiate. Molte sono le specie di uccelli che popolano l’antico maniero, fra cui il Corvo imperiale, la taccola, il barbagianni, la civetta il gheppio la poiana ed il falco grillaio la cui presenza è sintomatica di habitat incontaminato.
Storia del Castello di Conte Ugolino
Con un decreto legge del 1993, il sito denominato “Domo Andesitico di Acquafredda”, è stato nominato Monumento Naturale.
Dal ritrovamento di una bolla Papale, datata 30 luglio 1238, nella quale Gregorio IX dà disposizioni affinché si provveda a mettere in assetto di guerra le fortificazioni dei giudicati di Torres, di Gallura e di Cagliari, si ritiene, che il castello, inserito nella Curadoria del Sigerro, esistesse già dal 1215, ma è opinione diffusa attribuire la sua costruzione al celebre nobile pisano Ugolino Della Gherardesca, conte di Donoratico, sin dal 1257 in cui divenne Signore della parte sud – occidentale della Sardegna dopo la caduta del Giudicato di Cagliari.
Il conte aveva la residenza nel castello di San Guantino ad Iglesias, (ora chiamato Salvaterra) ed il poderoso castello di Acquafredda controllava l’accesso alla città mineraria, ricca di giacimenti di argento, zinco e piombo, fonte di inesauribile ricchezza per Pisa.
Caduto in disgrazia, il conte fu imprigionato a Pisa nella torre dei Gualandi poi chiamata “Torre della Fame” dove muore nel 1289.
Il castello passa cosi sotto il controllo diretto della repubblica pisana.
Le vicende del conte Ugolino sono divenute illustri grazie ai profondi versi di Dante Alighieri nella Divina Commedia: “La bocca sollevo’ dal fiero pasto quel peccator…” che possiamo trovare nel XXXIII canto della Cantica dell’Inferno.
Dopo i Pisani, il castello dal 1326 al 1410 diviene proprietà degli Aragonesi.
Oltre tale data probabilmente, la fortezza non viene più abitata e passa, assieme ai terreni vicini, nelle mani di diverse famiglie feudatarie fino a che non viene riscattato nel 1785 dal Re di Sardegna Vittorio Amedeo.
Storia del Conte Ugolino
Ugolino della Gherardesca, conte di Donoratico è stato il più famoso proprietario del Castello di Acquafredda. Nacque nella prima metà del Duecento (1220 ?) da nobile famiglia, padrona di vasti feudi nella Maremma. In Sardegna arrivò nel 1257 circa quando cadde il giudicato di Cagliari (Karales) e divenne padrone del territorio che da Cagliari arriva ad Iglesias, passando da Siliqua (Castello di Acquafredda) e da Villamassargia (Castello di Gioiosa Guardia). Ad Iglesias il suo castello veniva chiamato “San Guantino” (ora Salvaterra). Nella cittadina Iglesiente sfruttò i ricchi giacimenti di argento e piombo. Sebbene di famiglia tradizionalmente ghibellina, nel 1275 si accorda col genero Giovanni Visconti per portare al potere a Pisa il partito guelfo. Scoperta la congiura fu bandito, ma tornò a Pisa l’anno seguente riacquistando autorità e prestigio. Dopo la sconfitta dei Pisani nella battaglia della Meloria nel 1284, assunse la signoria del comune col titolo di podestà. Nel 1288, la parte ghibellina insorse sotto la guida dell’Arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini e delle famiglie Gualandi, Sismondi e Lanfranchi. Accusato di tradimento perché considerato responsabile della sconfitta della Meloria, fu rinchiuso senza processo insieme a due figli e due nipoti nella torre della Muda, poi detta della fame, dove, dopo alcuni mesi di prigionia, tutti e cinque furono lasciati morire di fame nel febbraio del 1289. Il peccato commesso da Ugolino è quello di essersi cibato di carne umana e da qui ha origine la pena, a cui Dante lo condanna, di rodere per l’eternità il cranio dell’Arcivescovo Ruggieri.
Il processo a Ugolino fu celebrato, in una suggestiva ricostruzione storica a Pisa, nel 1989 e il conte fu assolto da tutti i capi di imputazione a suo carico.
Nel 2002, l’archeologo Francesco Mallegni trovò quelli che vennero considerati come i resti di Ugolino e dei suoi familiari. Le analisi del DNA delle ossa evidenziarono che si trattava di cinque individui di tre generazioni della stessa famiglia (padre, figli e nipoti), e ricerche effettuate sugli attuali discendenti dei della Gherardesca portarono alla conclusione che i resti umani appartenevano al 99% a membri della stessa famiglia.
Il medico che seguì la ricerca non crede ci sia stato alcun cannibalismo: le analisi delle costole del presunto scheletro di Ugolino hanno rivelato tracce di magnesio ma non di zinco, che sarebbe invece evidente nel caso in cui avesse consumato carne nelle settimane prima del decesso.
Risulta abbastanza evidente, invece, l’inedia di cui hanno sofferto le vittime prima della morte: Ugolino era un uomo molto anziano per quella epoca (più che settantenne) ed era quasi senza denti quando fu imprigionato, il che rende ancor più improbabile che sia sopravvissuto agli altri e abbia potuto cibarsene.
Inoltre, Mallegni ha sottolineato che il più anziano degli scheletri aveva la scatola cranica danneggiata: se si trattava di Ugolino, si può affermare che la malnutrizione ha peggiorato sensibilmente le sue condizioni, ma non è stata l’unica causa di morte.
Nonostante tutto questo il Conte Ugolino rimarrà eternamente il leggendario conte che da tradizione si mangiò i figli…