Giovanni Matteo De Candia (Mario De Candia)

1810-1883


Tenore. Nacque a Cagliari nel 1810. Di nobili origini (alla fine del Settecento al bisnonno era stato conferito il titolo di "Cavaliene Nobile"), come tutti i maschi della famiglia, fu avviato alla carriera militare, entrando a 12 anni nel collegio militare di Torino dove ebbe come compagni Cavour e Alfonso La Marmora. Nel capoluogo piemontese si avvicinò alle idee liberali che la repressione non era riuscita a cancellare.

Nel 1829 raggiunse, col grado di sottotenente, il suo reggimento a Genova, conobbe Mazzini (a Londra) e Ruffini condividendone gli ideali democratico-repubblicani ed incorrendo per questo nell'ira del comandante e di suo padre, fedele ai Savoia. Ritenuto individuo sospetto, fu costretto ad espatriare e si trasferì a Parigi dove mutò radicalmente vita dedicandosi al canto per il quale era notevolmente portato.

Il compositore Meyerbeer, che lo sentì cantare, lo incoraggiò a studiare, facendolo debuttare nel 1838 come protagonista della sua opera Robert le diable. Il tenore, per rispetto alla famiglia che non considerava dignitoso che un nobile si dedicasse al teatro, assunse il nome d'arte Mario (il vero nome era Giovanni Matteo), promettendo di non utilizzare il proprio cognome sulle scene e di non cantare mai in Italia; solo una volta, nel 1868, si esibì a Firenze, quando, appresa la notizia della morte dell'amato maestro Rossini, gli volle rendere omaggio eseguendo, in Santa Maria Maggiore, lo Stabat Mater del quale era stato il primo interprete a Parigi, molti anni prima.

Nel 1839 si unì a Giulia Grisi, sua compagna nella vita (ebbero sei figlie) e nel canto. Insieme si esibirono nei teatri di Parigi, Londra, Dublino, Madrid, Pietroburgo e nel Nord America. Il repertorio, vastissimo, comprendeva Donizetti, Rossini, Verdi, Cimarosa, Mozart e altri. Raggiunse fama e ricchezza (a Firenze acquistò la famosa villa Salviati dove abitò per vent'anni) ma non dimenticò mai gli ideali risorgimentali, aiutando i patrioti italiani in esilio, contribuendo alla spedizione dei Mille e sovvenzionando la Giovane Italia.

Interpretò diversi ruoli, dal lirico al drammatico, sfruttando eccessivamente la splendida voce che a un certo punto iniziò ad incrinarsi. Nel 1871 fu costretto a ritirarsi dalle scene. Amatissimo dal pubblico, fu un artista originale e la sua fama si conservò a lungo anche dopo la morte, che avvenne a Roma nel 1883. Rispettando le sue volontà, la salma fu trasportata a Cagliari nella cappella di famiglia che lui stesso aveva fatto costruire.

Per maggiori informazioni vi consigliamo il libro di Felice Todde, Il tenore gentiluomo. La vera storia di Mario, Zecchini Editore, Varese 2016.