Giovanni Maria Angioy
1751-1808


Figura tra le massime della storia sarda. Docente universitario, giudice della Reale Udienza, imprenditore, banchiere di orientamento giacobino-progressista, l'Angioy è divenuto per i Sardi un simbolo di riscatto e di indipendenza: per essersi posto a capo di un vigoroso movimento insurrezionale contro i privilegi feudali, ancora vivi e operanti nella Sardegna del XVIII secolo, e per essersi battuto per il rinnovamento sociale dell'isola durante il duro dominio piemontese; diversamente, gli ambienti reazionari (vi spicca lo storico algherese Giuseppe Manno, che ne decretò una sorta di damnatio memoriae) dipinsero l'Angioy come un torbido burattinaio intento a tramare nell'ombra, ispiratore di spietati sicari ed efferati accoltellamenti.

Nacque a Bono nel 1751 dai nobili e ricchi possidenti Pier Francesco Angioy e Margherita Arras. Rimasto orfano in tenera età, gli zii materni si occuparono della sua educazione; la prima tappa fu il collegio Canopoleno di Sassari, nel quale il giovane si dedicò con profitto allo studio della filosofia e del diritto. Nel 1771, conseguita la laurea in leggi presso la regia università di Sassari, Giovanni Maria espresse il desiderio di entrare nella Compagnia di Gesù, contro la volontà degli zii materni i quali, invece, nel 1773, lo mandarono a Cagliari per farvi pratica forense.

Nel capoluogo sardo l'Angioy ebbe modo di rivelare l'altezza del suo ingegno. Prima direttore di un collegio cittadino, poi docente di diritto presso la Regia Università di Cagliari, divenne infine giudice della Reale Udienza, cosa che gli fruttò la fama di dotto e integerrimo magistrato. Il coraggioso temperamento e l'amore che l'Angioy nutriva per la terra natale si manifestarono con forza nel 1793, durante le operazioni che portarono alla cacciata dall'isola delle squadre navali della Francia rivoluzionaria; ma ancora più emersero nel 1794, durante la rivolta del 28 Aprile, organizzata dal popolo cagliaritano contro i piemontesi. In tale occasione l'Angioy, giudice della Reale Udienza, divenne il capo di un comitato permanente che aveva il compito di esautorare il viceré e di potenziare gli stamenti.

Quando, tra il 1795 e il 1796, la situazione politica fu ulteriormente complicata dal tentativo della nobiltà conservatrice sassarese e dei feudatari logudoresi di rendersi autonomi da Cagliari per dipendere direttamente da Torino, il viceré Vivalda inviò a Sassari l'Angioy con poteri di alternos (gli stessi poteri viceregi), per sedare gli insorti. L'Angioy fu accolto ovunque come un liberatore dalle popolazioni assoggettate, che ne apprezzavano i palesi orientamenti antifeudali, e si trovò presto in contrasto con gli stessi organi che lo avevano nominato alternos.

Avuto sentore di essere caduto in disgrazia presso il viceré e la fazione cagliaritana, mosse contro Cagliari. La marcia, che inizialmente prometteva di concludersi vittoriosamente con l'abolizione dell'odioso giogo feudale, fu fermata nel giugno del 1796 ad Oristano, dove l'Angioy e la schiera dei suoi rivoltosi furono duramente sconfitti. Soffocato ovunque dai piemontesi ogni rigurgito di rivolta, l'Angioy, dopo aver inutilmente cercato di trattare col viceré, abbandonato da tutti, fu costretto a lasciare l'isola. Si rifugiò in Piemonte e poi a Parigi, dove morì nel 1808.