Cesare Cabras
1886-1968


Pittore. Nacque a Monserrato nel 1886, da una famiglia della piccola borghesia rurale, lui stesso contadino fino a vent'anni.

Appassionato di decorazione parietale e di pittura, frequentò dal 1905 al 1907 la bottega cagliaritana del decoratore Liberty Giuseppe Conci. Nel 1907 si iscrisse all'Istituto di Belle Arti di Roma. Nella capitale fu influenzato dal clima artistico verista e simbolico-naturalista della Società "In Arte Libertas" e dai "XXV della Campagna Romana", impegnati soprattutto nella pittura di paesaggio. Ma fu viva in lui anche l'influenza della pittura cinque-seicentesca, dei "primitivi" e, dal 1912, della Secessione (Compianto del Giovedì Santo sul crocifisso a Soleminis, 1914). Nel 1913 entrò nello studio del pittore genovese Gaudenzi, dal sentimento pascoliano, consono alla visione idilliaca che il Cabras aveva della campagna e della vita rustica (Pastorella sotto un albero, 1918).

Nel 1915, esonerato dal servizio militare, tornò in Sardegna per curare l'azienda di famiglia. Il paese di Teulada, oasi di pace con i suoi paesaggi e le sue tradizioni, divenne il luogo della sua ispirazione e fu ritratto dall'artista con delicati tonalismi di tradizione ottocentesca (Conversari, Forno a Teulada, Donne che lavano al torrente, 1921; Pastorale, 1926). Produsse anche ritratti straordinariamente intensi (Tre oranti, 1928), che richiamavano il "realismo magico" romano.

Questi anni e tutto il periodo fino ai tardi anni Trenta furono i più felici dell'arte cabrasiana, sia per la creatività che per i riconoscimenti (I Esposizione Quadriennale d'Arte Nazionale di Roma, 1931, Gli Sposi). La mietitura divenne il tema prediletto dall'artista, in linea con la temperie di esaltazione della ruralità che il governo del tempo, il fascismo, assecondava, a sostegno dei programmi di produzione granicola autarchica che dovevano alleggerire la crisi agricola (I Sindacale Romana, 1931, Aie). L'epopea cabrasiana del frumento raggiunse l'apice nella Biennale veneziana del 1932, dove l'artista fu presente con quattordici "mietiture" (Sudore della fronte, Orgoglio del lavoro, Gloria dei campi, Fragranze della terra, ecc): "pittore delle aie biondeggianti di grano" fu definito dalla critica, entusiasta del tono profondo e vibrante e del luminoso lirismo dei suoi olii ed avversa al "folclorismo" di artisti come Biasi e Figari.

Nel 1934 Cabras fu in Libia. Dipinse paesaggi, rovine e personaggi africani (Studio di negro) ed espose con grande successo di critica ("padrone assoluto della luce africana") 58 opere alla II mostra Internazionale d'Arte Coloniale di Napoli. Il secondo dopoguerra lo vide lontano dal dibattito artistico e avverso alle correnti astrattiste, fermo nella suo lirismo rurale che la critica giudicava ormai "passatista".

Morì a Monserrato nel 1968.