Alberto Della Marmora, Carte Géologique de l'Ille de Sardaigne, Torino, 1856, cromolitografia, 123x79 cm-min
Generale, studioso e uomo politico piemontese. Nacque da aristocratica famiglia a Torino nel 1789.
Fece l'accademia militare di Saint-Cyr, uscendone nel 1807 con il grado di sottotenente. Combattè nell'esercito napoleonico, e si distinse a Bautzen (1813). "Amò sopra ogni cosa l'esercito", ricordano i biografi, ma la Sardegna lo conquistò presto. Vi giunse la prima volta nel 1819, dopo dodici giorni di "sciagurata navigazione", per cacciare e studiare gli uccelli, due amici geologi compagni d'avventura. Vi tornò nel 1820.
Di nuovo a Torino nel 1821, dopo la restaurazione, sospettato di liberalismo, amico di Carlo Alberto, fu sospeso dal servizio e confinato in Sardegna, dove giunse per la terza volta nel 1822. Iniziava quello stretto rapporto che l'avrebbe portato a vivere complessivamente e a studiare l'isola per oltre tredici anni. Tornò in servizio con l'ascesa al trono di Carlo Alberto e fu nominato generale nel 1840.
Nel 1849 divenne luogotenente generale e fu inviato in Sardegna come commissario straordinario, con un contingente militare; cosa che gli costò l'inimicizia degli intellettuali isolani, particolarmente di Asproni e Tuveri, ma anche del moderato Siotto Pintor, che pure aveva inizialmente approvato l'eccezionale provvedimento. Tali amarezze non diminuirono il suo sincero interesse per l'isola, innanzitutto scientifico, ma anche politico, cosa che ebbe modo di dimostrare quando criticò l'uso distorto della Legge delle Chiudende e quando, da parlamentare, si battè con Garibaldi e Cattaneo sul problema delle comunicazioni.
Cagliari gli conferì la cittadinanza (1855) e gli dedicò un busto marmoreo del Vela (1857). A lui fu intitolata la punta più alta del Gennargentu e dell'isola. Morì a Torino nel 1863.
Forte tempra fisica, da militare da campo, il Lamarmora sapeva affrontare situazioni scomode e rischiose, come fu la sua esperienza sarda: passò 13 notti sul Limbara e 14 sul Gennargentu, studiò e registrò gli aspetti geografici, zoologici, archeologici, storici ed etnologici dell'intera isola.
Pubblicò due opere divenute famose, scritte in francese e in seguito tradotte in italiano: La Carta dell'isola e del regno di Sardegna, scala al 250.000, realizzata con strumentazioni scientifiche e con la collaborazione di Carlo De Candia, che diede inizio alla cartografia geodetica dell'isola (1845, Parigi e Torino). L'operazione cartografica rientrava nella politica sabauda di allineamento della Sardegna al resto del regno, nell'approssimarsi di una superiore unità interstatuale.
I tre volumi del Viaggio in Sardegna dal 1819 al 1825, o Descrizione statistica, fisica e politica di questa isola (Parigi, 1826), cui si aggiunse l'Itinerario dell'isola di Sardegna (Torino, 1860), che costituivano un'autentica summa delle conoscenze sull'isola, con oltre 3700 pagine, due atlanti di 60 tavole e numerose xilografie. Vi collaborarono vari specialisti, il Lamarmora riservò a sé stesso la parte geologica. Era intendimento dell'opera svelare l'isola al lettore straniero, ma non mancarono ragioni politiche, poiché i Piemontesi avevano la necessità di conoscere la terra sarda, quale parte integrante del regno, per garantirsene il controllo. Il Viaggio richiamò per la prima volta l'attenzione dell'Europa sulla Sardegna, ma non ebbe altrettanto successo nell'isola.