La Sardegna sabauda
1861 - 1946

LA SARDEGNA NELL'UNITA' D'ITALIA

L'euforia per la raggiunta Unità mise in secondo piano i gravi mali che affliggevano l'Italia; specialmente le regioni meridionali, uscite di botto dal Medioevo, erano colpite da un sottosviluppo endemico che i vecchi padroni avevano trascurato. La Sardegna era in condizioni disastrose: analfabetismo imperante, povertà diffusa, brigantaggio inarrestabile, economia e forze produttive inesistenti, malaria ed epidemie sempre presenti.
In questa situazione i governi italiani, davanti a problemi giganteschi, non seppero da dove iniziare e abbandonarono l'Isola a se stessa.
Gli 11 deputati sardi che sedevano in parlamento, che intanto si era trasferito a Firenze che diventava capitale d'Italia, presentarono una richiesta al Governo per ottenere investimenti pubblici nell'Isola.
Nel 1867, il seme del malcontento portò alla rivolta a Nuoro con i moti de "Su Connotu", in opposizione alle vendite di terreni demaniali sottraendoli alla pastorizia. Nel 1869 giunse nell'isola una commissione, guidata dal De Pretis, per indagare sullo stato economico della Sardegna, non ci furono risultati ma solo rapporti: per risolvere i problemi ci volevano fatti e non bastavano le parole. Il 20 settembre del 1870, Roma fu liberata con un semplice colpo di mano e i problemi italiani furono messi da parte per dedicarsi alla edificazione di una capitale che dava ai Savoia un trono finalmente in una degna cornice, sulle spalle di tutti gli italiani che avevano fatto la nazione. (...)
Tutte le risorse furono dirottate verso la nuova Capitale che come un'idrovora assorbì il sudore del giovane Stato italiano. Mentre i capitali affluivano nell'urbe, la Sardegna raccoglieva solo briciole, con completamento di strade e reti ferroviarie già vecchie al momento della nascita; fu inaugurato anche il collegamento settimanale via mare con Genova, ben poca cosa rispetto al necessario. Le miniere del Sulcis erano le uniche industrie presenti che non trasformavano la materia prima e non fornivano quindi valore aggiunto remunerativo. Solo i piccoli commerci consentivano di sbarcare il lunario nelle città, mentre l'agricoltura antiquata e la pastorizia nomade fornivano solo di che mangiare. Alla fine dell'800 una febbre di rinnovamento contagiò anche le città sarde, con distruzione di mura, bastioni e opere architettoniche di valore storico; ciò solo per dare spazio a civili abitazioni e fu distrutto così un patrimonio che oggi sarebbe stato motivo di turismo culturale e quindi di benessere.
Dopo il 1900 l'analfabetismo nell'Isola sfiorava ancora il 69% mentre il reddito pro-capite era il più basso d'Italia, in questa situazione il banditismo dilagava, così come il furto del bestiame, innescando quelle faide che ancora oggi sono presenti in molti paesi dell'interno. Nell'isola continuarono ad arrivare carabinieri e non capitali e la situazione economica toccava livelli talmente bassi che molte famiglie mangiavano solo pane e formaggio fatto in casa. Nel 1904 i minatori di Buggerru scioperarono per chiedere condizioni di lavoro più umane; 3 persone morirono e undici furono ferite.
Iniziarono in quegli anni le emigrazioni verso il miraggio del lavoro e del benessere che l'isola non poteva offrire.
Allo scoppio della 1° Guerra Mondiale nel 1915, molti sardi furono arruolati nell'esercito e mandati a combattere nelle trincee a morire per la Patria. Molti caddero comportandosi eroicamente, altri rientrarono per affrontare la triste realtà del dopoguerra. La grande crisi economica che seguì il conflitto vide nascere le prime organizzazioni operaie che rivendicavano il diritto al lavoro e la parità sociale: il Governo si mostrò impotente ad affrontare una situazione così critica e il partito fascista con la famosa marcia su Roma del 1922 salì al potere. Nonostante uno schieramento contrario dei politici sardi e le epurazioni compiute dal Governo fascista, nell'Isola arrivarono cospicui investimenti per la costruzione di
opere pubbliche di grande portata. Furono costruite nuove strade, piazze, ospedali, ferrovie, opere portuali, ma la situazione economica dell'Isola rimaneva al di sotto della linea di povertà. Forse per arginare il banditismo ormai spregiudicato e organizzato, nel 1927 fu istituita la provincia di Nuoro. Si iniziarono opere di bonifica dei territori malsani, favorendo l'immigrazione di famiglie continentali.
Nacque così l'odierna Arborea e più tardi, nel 1938 Carbonia, ma decine furono le bonifiche in tutto il territorio isolano.
Si arrivò così alla 2° Guerra Mondiale, dove i sardi ancora una volta si distinsero per eroismo. Cagliari fu pesantemente bombardata, così come altri centri sardi, l'economia autarchica di sopravvivenza diventò la regola, il mercato nero e l'arte di arrangiarsi salvarono gran parte della popolazione. Finita la guerra il referendum del 1946 sancì la caduta della monarchia a favore della Repubblica: dopo 85 anni di potere in Italia i Savoia perdevano quella corona che avevano inseguito per generazioni.
Testi tratti da Sardinian.net