La Sardegna sabauda
1831 - 1861

LA FINE DI UNA NAZIONE

Iniziava con Carlo Alberto il Regno della dinastia dei Savoia Carignano. Il nuovo Re era pervaso da una forte voglia di fare e di rinnovare e volle recarsi di persona in Sardegna, accompagnato da Alberto Ferrero Della Marmora, autore del famoso "Itinerario dell'isola di Sardegna" e "Voyage en Sardaigne", fautore dell'abolizione del feudalesimo. Il feudalesimo infatti fu abolito puntualmente nel 1838, aveva resistito 500 anni abbondanti, mettendo in ginocchio la Sardegna e la sua economia, le cui conseguenze negative sono, ancora oggi, evidenti.
Formalmente, il 12 maggio 1847, i sardi, chiesero al sovrano, la fusione con i territori continentali e la conseguente abolizione dell'autonomia sarda. Il Re concesse la "fusione" e l'isola ebbe da allora le stesse leggi e gli stessi doveri dei territori del continente.
Cedendo alle nuove idee di unità italiana, suggerite da Martini e dal Gioberti, Carlo Alberto decise di entrare in guerra contro l'Austria per liberare la Lombardia; adottò in quella occasione la bandiera tricolore, già emblema di altri stati dello stivale, scoppiava così la prima guerra d'Indipendenza; era il 23 marzo 1848. I Sardo-Piemontesi riportarono però cocenti sconfitte e Carlo Alberto fu costretto ad abdicare in favore del figlio Vittorio Emanuele II. Il nuovo Re, dopo aver firmato una pace capestro con gli austriaci, cercò di togliere i secolari privilegi del clero per dare giustizia ed eliminare dei diritti che il popolo non sopportava. Intanto si affacciava alla scena politica il conte Camillo Benso di Cavour, che cercò una alleanza potente per poter combattere gli austriaci con qualche speranza. L'occasione si presentò ben presto nel 1855, quando i russi attaccarono la Turchia ed i piemontesi si allearono con Francia ed Inghilterra per difendere i turchi in Crimea. Con la vittoria sui russi, i piemontesi sedettero di diritto sul banco dei vincitori e convinsero la Francia ad una alleanza per combattere gli austriaci. Scoppiò così nel 1859 la II guerra d'Indipendenza che fruttò al Regno di Sardegna la Lombardia e l'annessione dei ducati di Parma e di Modena. Con l'impresa dei mille, Garibaldi consegnò a Vittorio Emanuele anche il Regno delle due Sicilie. Alla unità completa mancavano di fatto solo Venezia e lo Stato Pontificio. Si arrivò al 1861, dove a Torino il parlamento composto dai rappresentanti degli stati appena incorporati, il 17 marzo promulgò la legge composta da un unico articolo che recitava: "Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e per i suoi successori il titolo di Re d'Italia".
Il Regno di Sardegna cambiava nome in Regno d'Italia ed il suo sovrano, conservando lo stesso ordinale, diventava Re. La Sardegna diventava in quel momento una regione del nuovo stato, cedendo il suo titolo di Regno ed il suo stesso Re. Una trasformazione, dunque, la Sardegna sebbene nominalmente, fu l'artefice dell'unificazione, infatti le altre Regioni furono prima annesse e poi si dichiarò, con legge apposita, la trasformazione. Non è quindi demagogico affermare che l'Italia oggi esiste perché il Regno di Sardegna ha favorito e permesso l'unione, perché il Regno di Sardegna ha ceduto il suo nome e le sue prerogative alla entità giuridica di nuova formazione che deve essere considerata una continuazione del vecchio Regno.
Testi tratti da Sardinian.net