I Piemontesi
La Sardegna sabauda
1720 - 1861
I PIEMONTESI
1720 - 1861
I PIEMONTESI
Il Regno di Sardegna strozzato dal sistema feudale dei Savoia.
Lo scambio con la Sicilia non fu certo conveniente per i Savoia, ma un titolo regio, specialmente se ottenuto con fortuna, non si rifiuta mai ed i sardi, come sempre, subirono le decisioni altrui, senza nulla poter fare per opporsi.
Dopo quattro secoli di dominio aragonese-spagnolo, la nuova dominazione di turno si insediò nell'isola tramite un viceré che per la cronaca si chiamava Filippo Guglielmo Pallavicino Barone di Saint-Remy.
Iniziò così un altro triste capitolo della storia dell'isola, "dalla padella nella brace" per usare un proverbio calzante.
I Savoia trovarono l'isola in condizioni a dir poco, disastrose. Economia inesistente, popolazione dissanguata, città e boschi in decadenza, analfabetismo al 99%.
In questa situazione, ci sarebbe voluto un impegno notevole ed una esperienza non comune, per ridare ossigeno all'economia. Ma i piemontesi, oltre a non essere all'altezza non vollero muovere un dito, anzi il loro intento fu quello di depredare ulteriormente ciò che restava.
Il primo Re piemontese che i sardi dovettero riconoscere loro sovrano fu Vittorio Amedeo II, che confermò tutti i privilegi e le leggi dei precedenti dominatori, fatto che impedì qualunque riforma sociale ed economica. Nel 1730 Vittorio Amedeo II abdicò in favore del figlio Carlo Emanuele III.
Si tentò di agire con la nomina del Bogino a ministro per gli affari di Sardegna, cercando di introdurre l'uso dell'italiano e di istituire una scuola che cercasse di combattere l'analfabetismo generale; nel 1765 si riformarono le Università di Cagliari e Sassari con l'apertura di nuove facoltà.
La situazione rimase disastrosa, con i feudatari che spremevano più del dovuto il popolo; carestie e povertà erano in quei tempi il comune dominatore. Allo sfarzo dei pochi ricchi e potenti, si contrapponeva la povertà estrema della maggioranza del popolo. Nessun diritto, se non teorico, era lasciato ai cittadini, i cui rappresentanti appartenenti allo stamento del popolo avevano solo la prerogativa di confermare l'ammontare della donazione da dare al sovrano. In effetti ciò non poté avvenire poiché i Piemontesi non convocarono, durante i 141 anni del loro dominio, mai una volta gli stamenti.
La Sardegna nonostante avesse dato la corona ai Savoia era considerata un dominio, quindi sede di un viceré ed emarginata e lontana economicamente anni luce dal territorio continentale.
Ci furono iniziative per migliorare l'agricoltura, ancora estensiva e primordiale, con i signori feudali ed il clero che incameravano il 50% della rendita e possedevano il 90% di proprietà fondiaria, sulla quale il governo non aveva nessuna giurisdizione. Fallirono però tutti i tentativi di riforma, favorendo la piaga del banditismo e del furto del bestiame (abigeato) che lo stato combatteva riempiendo le patrie galere ma non risolvendo il problema; si tentò di ripopolare l'isola, oramai quasi disabitata, con "l'immigrazione forzata" di Corsi, Liguri, Maltesi, ma anche questo tentativo non portò a nessun risultato positivo.. Nel 1780, causa la fame, a Sassari si svolse una dimostrazione contro il viceré marchese di Maccarani, che ebbe come epilogo la condanna a morte di otto popolani; così governavano i piemontesi. .
Testi tratti da Sardinian.net