I Romani in Sardegna
238 a.C. - 456 d.C.
IL CRISTIANESIMO NELLA SARDEGNA ROMANA
238 a.C. - 456 d.C.
IL CRISTIANESIMO NELLA SARDEGNA ROMANA
Sant'Efisio, Sant'Eusebio, San Lucifero, Sant'Antioco, San Saturno, San Gavino, San Lussorio, San Simplicio.
Quando Cristo fu crocifisso sul Golgota, la Sardegna romana era immersa in un torpore culturale e religioso che la poneva ai margini degli avvenimenti più importanti che accadevano nel restante mondo romanizzato.
I romani non sono mai stati dei credenti per eccellenza, il loro interesse era terreno e materiale più che spirituale. Gli dei tradizionali di estrazione greca, Giove, Giunone, venivano venerati più per consuetudine che per fede. Non di rado si affiancavano agli dei classici divinità di origine locale quali Giano, Dioniso, Cibele. In Sardegna elevarono a questo rango il vecchio Babai chiamandolo Sardus Pater. Questa politica religiosa tollerante, era giustificata dall’esigenza di tenere buone le genti sottomesse concedendo un simbolo su cui credere dettato dalla usanza e tradizione locale.
I principi della fede cristiana arrivarono in Sardegna, probabilmente, alla fine del I secolo d.C., forse portati dagli esiliati e dai racconti che iniziarono a diventare leggenda. Intanto l’Isola era sempre in fermento, minacciata dai sardi dalle montagne con un’asfissiante guerriglia. I romani nel 19 d.C. decisero di inviare, per l’ennesima volta, un nuovo contingente di 4.000 soldati formato interamente da ebrei. I latini infatti incominciarono a disprezzare quest’isola, dove la malaria imperversava, gli stagni rendevano insalubri le pianure e la minaccia dei ribelli montanari era sempre presente. A questo doveva aggiungersi il progressivo e veloce impoverimento di una terra costretta a produrre per pagare le pesanti tasse.
Le miniere erano l’unica grande industria in attività che creava però ulteriori malcontenti, forse suggeriti dai deportati politici e religiosi.
In questo triste quadro fece irruzione la nuova fede, che predicava uguaglianza, amore e disdegnava i beni terreni. È facile intuire che il cristianesimo fece proseliti nel ceto più povero, negli schiavi, negli emarginati e veniva visto come una minaccia da ricchi e da potenti.
Alla fine del II secolo d.C. fu deportato in Sardegna colui che nel 217 diventerà Papa: Callisto. Così successe più tardi con Papa Ponziano, condannato ai lavori forzati a vita; per questo motivo, rinunciò alla somma carica. I sardi intanto cominciarono a riunirsi per professare la nuova religione, usarono vecchie tombe puniche o antichi santuari pagani.
Nel 284 d.C. sotto l’imperatore C. Aurelio Valerio Diocleziano, l’amministrazione pubblica fu radicalmente rinnovata. L’impero fu diviso in 12 diocesi, divise a loro volta in province; ogni provincia veniva amministrata civilmente da un preside ( Praeses) e militarmente da un Duce (Dux). Si diede nuovo impulso all’economia con una riforma fiscale efficace. Si affrontò anche il problema religioso con numerosi editti che permisero la confisca dei beni dei cristiani, il loro arresto e supplizio.
Com’è noto le persone si possono sopprimere ma non le idee, per cui nonostante il regime di terrore instaurato, la fede cristiana continuò a espandersi nell’isola propagandosi anche tra l’esercito ed i ricchi patrizi.
San Gavino martire a Turris Libissoni (Porto Torres) In questo contesto le fonti storiche, peraltro molto scarse, ci hanno riportato ad imperitura memoria, il nome di alcuni personaggi martirizzati per non aver abiurato la fede. Gavino a Turris Libissoni, Lussorio a Forum Traiani, Simplicio a Olbia, Saturno a Calaris.
Tra questi anche un ufficiale dell’esercito romano, originario di Gerusalemme, Efisio che prima venne imprigionato e poi decapitato presso la città di Nora; correva il 303 d.C.
Poiché la storia è scritta dai vincitori crediamo che si sminuì il fenomeno minimizzando il numero dei martiri; ma siamo fermamente convinti che essi furono numerosissimi.
A conferma di ciò e a palese dimostrazione dell’ormai totale diffusione nell’impero della nuova fede, nel 313, con l’editto di Milano, Costantino decretò la libertà di culto concedendo quindi ai cristiani di professare liberamente la loro fede. Erano passati solo 10 anni dalla morte di Efisio.
Emerse così la clandestina organizzazione cristiana, che diventata legale mostrò immediatamente l’efficacia della propria gerarchia: il Papa, Vescovo di Roma, somma potestà della chiesa coadiuvato dai vescovi posti a capo delle diocesi che si avvalevano di preti e diaconi per la presenza nel territorio.
I primi luoghi di culto sorsero laddove per secoli si professò clandestinamente la fede: sopra le catacombe, nei luoghi di martirio e all’esterno in altri siti improvvisati. Questa prima usanza fu dettata dalla gioia di rendere pubblici i luoghi di preghiera o di martirio clandestini e aprirli alla venerazione consacrandoli quale riconoscenza alle generazioni, che avevano sacrificato la vita pur di seguire la dottrina di Cristo. Intanto la chiesa e la sua influenza ebbero notevole beneficio politico dalla cosiddetta “donazione di Costantino” con la quale nel 337 l’imperatore avrebbe concesso al Papa Silvestro la città di Roma e tutte le province occidentali, compresa la Sardegna. Per oltre 1.000 anni questo falso documento costituirà un’arma politica in mano alla chiesa, ponendola in grado di modificare assetti nazionali e concedere regni a questo e quel potente.
Dopo la morte di Costantino che aveva intanto trasferito la capitale a Costantinopoli da lui stesso fondata, con la salita al trono di Teodosio, il Cristianesimo fu dichiarato religione di stato. La cultura cristiana ebbe così nuovo impulso e si diffuse più facilmente in tutta la Sardegna latina grazie a personaggi quali Eusebio e Lucifero.
Alla morte di Teodosio l’impero venne diviso in due parti assegnate ai figli Arcadio e Onorio. Correva l’anno 395 ed i destini dell’Impero Romano erano ormai segnati; il detto latino “ Dividi et Impera” che per secoli aveva permesso di dominare i popoli, isolandoli politicamente e dividendo etnie armandole una contro l’altra, causò lo sfascio dello stato. La pressione di popoli germanici diventò invasione nell’anno 406. I vandali conquistarono la Spagna mentre i Goti giunsero fino a Roma conquistandola e depredandola.
Testi tratti da Sardinian.net