Benvenuti a Monteleone Rocca Doria |
Chiesa di Sant'Antonio Abate |
33 km da Alghero: il silenzio delle valli cancella gli echi della movida della piccola Barcellona sarda quando si raggiunge una delle tre porte del Parco Letterario Deleddiano, Monteleone Rocca Doria appunto, un’occasione sprecata o una concreta speranza futura, i posteri diranno.
130 anime sparse sul ciglio di una solitaria rocca che si inerpica per quasi 400m, una minuscola rosa di vicoli in un centro storico dal quale
Chiesa di Santo Stefano |
Ci si arriva inerpicandosi su una strada tortuosa e spettacolare che si snoda sulla rocca come tracciata da un serpente, per giunta ubriaco: nessun problema allo stato attuale, i km sono una manciata, le curve allargate e sicure, i rinforzi murali accurati e in tinta con il paesaggio… sembra di salire comodamente in Paradiso. Ora, appunto. Non fino a pochi decenni fa, quando inerpicarsi su quella rocca era un’impresa molto faticosa e l’unica strada di accesso tanto impervia e sconnessa che anche i mezzi pubblici avevano difficoltà a percorrerla, tanto che negli anni 50 i monteleinesi, esasperati dall’isolamento, dallo stato di arretratezza economica e del generale disinteresse, misero il paese…in vendita! Il prezzo dell’antico borgo con illustre storia annessa? Lire 50.000.000.
Ma ai tempi nessuno era interessato all’isola del maestrale e delle torri preistoriche oppure la proposta era una provocazione (versione molto verosimile): sta di fatto che anche da questa storia Monteleone riesce a risorgere, fiero del suo stemma impresso nella roccia, e riemerso dalla polvere del tempo.
Monteleone Rocca Doria nacque con l’edificazione del castello, in età
incerta, pare comunque intorno al 1100 ad opera dei genovesi Doria, sempre loro, quelli di Castelsardo e di Brancaleone, il coniuge della nostra Eleonora d’Arborea . Roccaforte inaccessibile, protetta da grandi muraglioni, sicura, fungeva da base di partenza a scorribande tali da provocare una forte e comune reazione da parte di truppe provenienti dalle città di Alghero, Bosa e Sassari, che la strinsero d’assedio nel 1434e che, come in ogni storia medievale che si rispetti, la presero per fame dopo ben due anni. La reazione dei vincitori fu terribile: il castello e il borgo vennero quasi completamente distrutti, e decretata
la pena di morte nei confronti di coloro che avessero fatto il pur minimo tentativo di ricostruirlo.
Quasi un anatema: e quando a Monteleone Rocca Doria il vento, tanto forte da far rotolare anche la clessidra della storia, ti fa riemergere dai ricordi quel più antico e altrettanto terribile catoniano “Delenda Cartago”, capisci perché, mentre guardi verso est e intravedi la cima di Bonu Ighinu e pensi alla tua cultura millenaria, ti senti far parte delle vicende di tuoi antenati di migliaia di anni fa, e ti ricordi che laddove ti trovi prima dei Doria pare ci fossero stati punici, ma prima ancora, e questo è certo, insediamenti nuragici.
Pare fosse Carlo V, il nipote di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia ( i finanziatori dell’impresa di Colombo), figlio di Giovanna la “Loca”, la “pazza”, colui che disse “Nel mio regno non tramonta mai il sole” perché sua era mezza Europa e
Quasi un anatema: e quando a Monteleone Rocca Doria il vento, tanto forte da far rotolare anche la clessidra della storia, ti fa riemergere dai ricordi quel più antico e altrettanto terribile catoniano “Delenda Cartago”, capisci perché, mentre guardi verso est e intravedi la cima di Bonu Ighinu e pensi alla tua cultura millenaria, ti senti far parte delle vicende di tuoi antenati di migliaia di anni fa, e ti ricordi che laddove ti trovi prima dei Doria pare ci fossero stati punici, ma prima ancora, e questo è certo, insediamenti nuragici.
Pare fosse Carlo V, il nipote di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia ( i finanziatori dell’impresa di Colombo), figlio di Giovanna la “Loca”, la “pazza”, colui che disse “Nel mio regno non tramonta mai il sole” perché sua era mezza Europa e
mezza America, che ne permise la riedificazione un secolo dopo la distruzione; sì, è lo stesso imperatore che fece “todos caballeros” gli algheresi che lo acclamavano - già scordati delle razzie e delle scorribande delle quali si erano macchiate le truppe dell’imperatore- sotto il palazzo di Albis, dove adesso ci deliziamo con l’aperitivo godendoci quella gemma che è la Piazza Civica, salotto di quell’unica città sarda per tutte le stagioni, regina dell’estate e dell’inverno,
con il suo Cap d’Any che mi fa ringraziare di essere ad Alghero ogni fine e inizio dell’anno, ormai per me un imperdibile rito pagano propiziatorio e beneaugurante, tra gli improbabili alberi di Natale ispirati a Salvator Dalì e alla sua Gala, i mulini a vento di Cervantes e le acque scintillanti delle Bombarde, finalmente libere anche dal ricordo dei bagnanti, delle creme solari e da Nanni Moretti, che ha piegato il suo sdraio, salutato con formale cortesia gli anonimi vicini e si è allontanato, simpatico se non altro perché è ben lontano dalla costa vip.
E intanto lì, a Monteleone Rocca Doria, ti senti un viaggiatore del tempo, con la leggenda che a un certo punto scolorisce la storia, ed è proprio in quel momento che, sparito il castello, improvvisamente vedi la valle del Temo come era prima che ne devastassero le foreste…. completamente immersa in una impenetrabile e lussureggiante vegetazione, attraversata dal tranquillo fiume e da cavalli selvatici dal manto verde: i mitici Caddos Birdes. Vivevano in tutta la Sardegna ma soprattutto qui, si racconta, e perché di loro, così come dei miti della nostra isola, non ci dimenticassimo mai, hanno lasciato le impronte in una roccia e in loro ricordo i nostri saggi e previdenti avi hanno chiamato la località “Sa urmina de su caddu 'irde": l’orma del cavallo verde.
A Monte Germinu, in quel di Monteleone Roccadoria, appunto.
E forse non è un caso che da lì puoi vedere l’inconfondibile sagoma di Monte Minerva, nome che ti riporta all’antica Grecia e ad altri miti, ad altri cavalli magici.
A Monte Germinu, in quel di Monteleone Roccadoria, appunto.
E forse non è un caso che da lì puoi vedere l’inconfondibile sagoma di Monte Minerva, nome che ti riporta all’antica Grecia e ad altri miti, ad altri cavalli magici.