Comune di Orgosolo (provincia di Nuoro). Notizie sul comune e su cosa vedere, foto, numero abitanti, altitudine, meteo, cap, farmacie e uffici postali.

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Comune di Orgosolo, il "paese museo" dei Murales

Prefisso: 0784
Cap: 08027
Abitanti: 4.418
Altitudine: 620 m slm

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Comune di Orgosolo: Il paese di Orgosolo sorge ai piedi del monte Lisorgoni (m 978), propaggine verso il nuorese del massiccio del Gennargentu, in una conca ricca di sorgenti. Da ciò, secondo l’opinione di alcuni studiosi è nato il suo nome, che si rifarebbe alla radice paleosarda "orgosa", luogo umido e acquitrinoso, con molte sorgenti. E' uno dei più estesi territori della provincia di Nuoro e vanta quasi 23 mila ettari di territorio.

La posizione consente di dominare le vallate di 'Lo'hòe' e di 'Soràsi', attraversate dal corso del fiume Cedrino, il 'Cedrus flumen' dei romani, con un ampio giro d'orizzonte a nord, sulla parte centrale del nuorese, permettendo allo sguardo di arrivare oltre le Baronìe e, nelle giornate limpide, fino alle cime del Limbara, in Gallura.

Le singolari caratteristiche di Orgosolo, che portano molti dei visitatori a definirlo un vero e proprio 'paese museo' a causa dei suoi murales, dei suoi costumi tradizionali e delle antiche consuetudini, sono sicuramente accentuate da questo splendido panorama e dall'ambiente naturale che lo circondano, godibile già in prossimità dell'abitato.

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Nel territorio orgolese sono state ritrovate tracce di insediamenti umani risalenti al Neolitico Medio (circa cinquemila anni or sono), quando alcuni avventurosi esploratori provenienti dalle coste orientali dell’isola si addentrarono nelle vaste foreste che allora ricoprivano totalmente la zona interna. Si trattava di luoghi ricchi di selvaggina e di pescosi corsi d’acqua, adatti pertanto ad un insediamento di tipo stabile. Iniziarono quindi a sorgere ovunque i primi modesti villaggi di capanne di pietra e legno le cui tracce ancora si rilevano nel folto dei boschi o fra i terreni pascolativi. I monumenti preistorici che testimoniano le vicende quotidiane di quegli antichissimi nostri progenitori (domus de janas, nuraghi, tombe di giganti ecc.) sono all'incirca duecento, la maggior parte dei quali purtroppo, in cattivo stato di conservazione e in deplorevole abbandono.

La loro esistenza fu più tardi turbata dalle invasioni straniere ed essi che avevano fra i caratteri peculiari l’amore per la libertà e l’ostilità contro ogni prepotenza, dettero prova sulla pelle dei Cartaginesi e poi dei Romani del loro coraggio e astuzia. Poihé i Romani non capivano che un’integrazione dei pastori barbaricini nel loro sistema produttivo e in quello politico era cosa impossibile, gli episodi resistenziali, inframmezzati da periodi di pace con scambi di carattere commerciale, si susseguirono per diversi secoli e mai si raggiunse un mondus vivendi pacifico.

Fino al IV secolo d.C. queste popolazioni delle montagne adoravano ancora gli spiriti della natura, rappresentati da betili, menhir o pali ligne, finchènon inizio i primi tentativi di evangelizzazione. I primi missionari, secondo la tradizione non furono ben accetti e la maggior parte di essi subì il martirio. Fra questi, ad Orgosolo si veneravano i santi Anania ed Egidio, che gli indigeni uccisero nel 301, come attestato da un’epigrafe marmorea conservata nella casa parrocchiale. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, gli abitanti del centro montano tornarono alle antiche abitudini, esercitando la pastorizia transumante e ritornando a svernare nelle pianure.

Dei dominatori romani restò la lingua parlata che, ancor oggi, dai costrutti tradisce l’originaria discendenza dal latino classico.

Dal VI secolo in poi avvenne la conversione degli indigeni al Cristianesimo, per opera dei missionari inviati dal Papa Gregorio Magno ed in seguito dei monaci bizantini, che seguendo le tradizionali celebrazioni in rito greco, lasciarono una profonda impronta nei costumi e nelle usanze religiose.

Nel Medio Evo il territorio orgolese appartenne prima al giudicato di Torres e poi a quello di Arborea, seguendone le vicende durante le lotte contro gli Aragonesi. Le prime testimonianze scritte che ci provano l’esistenza di un modesto centro abitato, situato all’incirca in prossimità di quello odierno, risalgono alla prima metà del 300. Gli abitanti vivevano stentatamente di pastorizia, integrata dall’orticoltura per consumo famigliare.

L’uso del vasto territorio era comune: tutti godevano dei diritti del pascolo, legnatico, e ghiandatico, dietro pagamento di un modesto canone in natura o in danaro al giudice.

Durante la dominazione aragonese e poi spagnola, in seguito all’arrivo di tanti feudatari spiantati e desiderosi di riempirsi le tasche alleggerendo quelle già semi vuote dei sardi, iniziano i primi fenomeni di resistenza che sfoceranno nel tradizionale banditismo tipico delle zone interne dell’isola. Per sfuggire ai voraci esattori molti si diedero alla macchia, evitando gli arresti e la deportazione sulle galere. Automaticamente furono inclusi fra i "bandidos" e dichiarati fuori legge. Allora chi volle sopravvivere e proteggere i propri famigliari dovette arrangiarsi in vari modi, se non certo encomiabili, comunque giustificabili. L’assenza di vie di comunicazione, la mancanza di istruzione e la scarsa conoscenza di tecniche agricole efficaci, fecero di questi periodi i più bui della storia sarda e di conseguenza anche di quella orgolese.

Dal 1720 l’isola fu ceduta ai Duchi di Savoia che, seppure con metodi non troppo rispondenti alle effettive esigenze, apportarono alcuni miglioramenti alla situazione generale. Quando però si verificarono aumenti delle spese di gestione e belliche, i sovrani sabaudi non trovarono di meglio che rifarsi sulla disastrata economia isolana.

L’aggravio delle tasse coincideva allora con la recrudescenza degli atti banditeschi, che non venivano interpretati come protesta di popolazioni esasperate, bensì valutate alla stregua di azioni delittuose comuni. Il sistema di vita quotidiana e di risorsa economica locale non subì variazioni fino alla fine del secolo scorso: perdurò la gestione comunitaria dei beni del territorio, cui si era aggiunto quello del paese spopolato di Locoe

Ad Orgosolo passarono inosservati tanti avvenimenti che sconvolsero l’isola: i moti antifeudali della fine del 700, la legge delle Chiudende, che non fu applicata, l’abolizione dell’anacronistico ordinamento feudale, i fatti che portarono all’unità d’Italia. I problemi della sopravvivenza, della siccità, del raccolto andato male, della moria del bestiame erano quelli più immediati e concreti.

Le varie crisi economiche e politiche di fine 800 si ripercossero in Sardegna provocando l’accendersi di nuovi episodi di banditismo, problema mai capito e perciò mai validamente risolto dai dominatori di turno.

E così il governo italiano, raccogliendo l’esempio dei Romani, degli Aragonesi, degli Spagnoli e dei Savoia, applicò la legge del più forte, con carcerazioni di massa, confische di patrimoni accumulati più o meno legalmente, nell’intento di isolare i tanti e temibili latitanti che seminavano il terrore tra le popolazioni inermi e tenevano in sacco le forze dell’ordine.

L’evento decisivo si attuò a Murguliai (Orgosolo) nel 1899, quando reparti dell’esercito e di carabinieri reali riuscirono a sgominare la più temuta banda dell’epoca. Con l’inizio del secolo attuale si debbono registrare nel paese dei progressi lievi ma costanti nelle condizioni di vita materiale ed intellettuale. La partecipazione di orgolesi ai due conflitti mondiali fu generosa e molti di loro si distinsero per azioni eroiche, lasciando la vita sugli altopiani carsici, le montagne friulane e nei deserti africani.

 

La Rivolta di Pratobello del 1969

La rivolta di Pratobello è stata una rivolta popolare antimilitarista messa in atto col metodo della resistenza nonviolenta dai cittadini di Orgosolo giugno del 1969.

Il 27 maggio 1969 sui muri del paese, dalle autorità, fu affisso un avviso in cui si invitavano i pastori, che operavano nella zona di Pratobello, a trasferire il bestiame altrove perché, per due mesi, quell'area sarebbe stata adibita a poligono di tiro e di addestramento dell'Esercito Italiano.

Il 9 giugno 3.500 cittadini di Orgosolo iniziarono la mobilitazione; il 18 dello stesso mese, la popolazione del paese si riunì in piazza Patteri: dall'assemblea scaturì la decisione di attuare una forma di protesta nonviolenta e quindi di occupare pacificamente la località di Pratobello.

Dal 19 giugno iniziò l'occupazione e dopo alcuni giorni, durante i quali non si verificò alcun episodio di violenza, l'esercito rinunciò alle esercitazioni e si ritirò.

La rivolta di Pratobello in un libro del sindaco di Orgosolo

Caparbio nonostante l’età s’era messo davanti al camion di soldati giunti a Pratobello. “Si sposti e ci lasci passare”, gli dicevano i militari. “Io ho quasi cento anni e se mi fate del male non so se voi camperete cento anni come me”. Ziu Battista Corraine, Zoeddu per i suoi compaesani di Orgosolo. È uno dei protagonisti della rivolta pacifica entrata nella storia e nel cuore di Orgosolo, rievocata ora in un libro dove i documenti ufficiali e le cronache sui giornali del tempo si uniscono alle spettacolari immagini in bianco e nero di una moltitudine in marcia per difendere i pascoli di Pratobello dall’occupazione militare e ai nomi di uomini e donne in prima linea.

Un viaggio nella memoria dal titolo “Orgosolo lotta di Pratobello 1969” dove si ritrovano i volti di grandi e piccoli, radunati attorno al megafono del banditore Luigi Pilconi, i camion dei militari e quelli dei civili carichi anche di bambini.

In 270 pagine il sindaco Dionigi Deledda ripercorre la sequenza dei fatti iniziata quando il 27 maggio 1969 Orgosolo si ritrova i muri tappezzati di manifesti: la Brigata Trieste intima lo sgombero del bestiame dai pascoli di Pratobello per far posto ai militari e a un poligono di tiro. In quei giorni di primavera, da sempre, i pastori di Orgosolo hanno bisogno dei 14 mila ettari di Pratobello per le loro greggi: sono terre pubbliche, ma anche private. Una decisione così, calata dall’alto all’improvviso, non può passare. Il paese reagisce con la protesta pacifica. (Fonte Unione Sarda)

 

Oggi il paese, nonostante si debbano registrare diversi episodi di criminalità a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, ha subito una profonda trasformazione sociale ed economica.

Se la pastorizia costituisce ancora l’attività prevalente e la maggior fonte di reddito, è in continuo sviluppo il settore terziario, nelle sue varie ramificazioni.

Ai numerosissimi visitatori che ogni anno arrivano per ammirare gli splendidi murales o percorrere i boschi in gran parte incontaminati, il paese di Orgosolo offre un aspetto moderno, con i principali servizi pubblici e privati, il tutto unito alle tradizionali doti di ospitalità e gentilezza.

Ma la pagina più gloriosa della sua storia recente Orgosolo l’ha vissuta il 4 ottobre 1987 quando, nella Basilica di S. Pietro, il Papa ha proclamato Beata Antonia Mesina, giovane orgolese che preferì essere uccisa a colpi di pietra a soli sedici anni, il17 maggio del 1935 piuttosto che rinunciare alla sua purezza. Le sue reliquie, composte in un simulacro, sono conservate nella chiesa parrocchiale.

I murales di Orgosolo

I primi murales ad Orgosolo

Un murale di chiara matrice politica ed un murale tipo 'reclame' furono i primi dipinti sui muri di Orgosolo. L'anno è il 1969.

Gli autori dei primi Murales

Si chiamavano 'Gruppo Diòniso', ed erano dei giovani arrivati dal continente, guidati da un lucchese, Giancarlo Celli. Nato nel 1927, laureato in giurisprudenza, Celli si dedicò all'attività artistica, dal teatro alla pittura, dalla grafica alla poesia. Fondò il 'Gruppo Diòniso' nel 1965, dandogli un' impronta libertaria e anarchica, spaziando da Milano a Roma e perfino in Sardegna. 'Diòniso' non contò mai più di cinque elementi e spesso Celli si trovò a portare avanti da solo gli impegni. Malgrado ciò non interruppe mai l'attività del 'Gruppo' fino alla sua scomparsa, nel 1977.

Il murale politico

Si trattò di un tentativo di rappresentare il disinteresse nel quale la Sardegna era lasciata dalle istituzioni.

Su un muro al centro del paese lungo l'attuale Corso Repubblica, allora Via Vittorio Emanuele, di lato a una rivendita di giornali, vennero dipinte una cartina dell'Italia con un grande punto interrogativo al posto della Sardegna e un'Italia simbolica raffigurata da una donna con in testa un alto cilindro a stelle e strisce per sottolineare l'influenza degli Stati Uniti d'America.

Bibliografia murales

  • Gruppo Diòniso
    Franco Quadri: L'avanguardia teatrale italiana, Einaudi Editore, Torino 1977
  • Murales a Orgosolo
    Dietrich Haensch: Der kampf von Pratobello, (La lotta di Pratobello), Pubblicazione in proprio, Hannover/Orgosolo 1986

Dove si trova e come arrivare a Orgosolo?

Cosa vedere a Orgosolo?

Museo Corraine, Murales, Chiese di Santa Croce, di Sant’Antonio Abate, di Sant’Antonio da Padova, di San Nicola di Mira, dell'Assunta, di San Pietro, chiesa parrocchiale di SS. Salvatore, chiese campestri di San Michele Arcangelo sul monte Lisorgoni, di SS. Anania ed Egidio e di San Marco, molte domus de janas e nuraghi sparsi nel territorio.