Il comune di Belvì conta 552 abitanti su una superficie di 18 Kmq, nonostante questa modesta estensione è uno dei centri montani più interessanti della Barbagia.

belvi

Comune di Belvì

Prefisso: 0784
Cap: 08030
Abitanti: 552
Altitudine: 660 m slm

Belvì conta 552 abitanti su una superficie di 18 Kmq, nonostante questa modesta estensione è uno dei centri montani più interessanti della Barbagia. L'interesse maggiore è legato ai millenni lontani della preistoria, che hanno lasciato significative testimonianze con numerose domus de janas, da quelle di Tonitzò, di Lagosu, di Perd' e Nerca, nella parte orientale di territorio, alle altre di Perd'e Lione, di Genna Ua, di Gesaru, distribuite sul versante occidentale, dove si conserva il toponimo di S'Iscusorgiu. Puntualmente, dove si conservano testimonianze di antichi insediamenti, sono di rigore i miti e le leggende. Nella parte più profonda della temibile grotta di Pitz'e Pranu c'è un telaio, forse d'oro, con una ragazza, forse una "jana" che accompagna con un canto melodioso il lavoro sull'ordito.

La vera ricchezza di Belvì, però, è sempre stata la sua valle, quella del rio S'Iscra che doveva avere un particolare fascino ancora alla fine dell'800: "Le campagne di Belvì - scriveva Giuseppe Luigi De Villa - sono bellissime. Il tratto della valle dell'Iscra che gli appartiene è quello più folto di noci secolari e giganteschi". Di notevole interesse il grande noce chiamato "sa nuje de tziu Pili", e i grossi esemplari di castagno di Nerca, i secolari corbezzoli di Sa Tanca, i ciliegi di "Santu Populu", sempre nella zona di Sa Tanca, dove è ben conosciuta e apprezzata l'acqua di Funtana 'e Sa Craba. Alle ciliege, all'inizio dell'estate, il paese dedica una sagra.

Dentro l'abitato è presente un piccolo museo naturalistico che raccoglie in alcune stanze aquile reali e falchi della regina, grifoni e corvi imperiali, nibbi reali e poiane, civitte e barbagianni, martore e gatti selvatici, scarabei e splendide farfalle, lucertole e fossili del giurese.
Per ferrare i buoi, ma anche per rendere impotenti i torelli con la barbare pratica dei colpi di maglio, si usava in paese su telagliu. Ad usarlo per ultimo è stato "tziu" Antonio Melis, ferreli, che aveva su fodde, il mantice, proprio nel centro del paese, in via Roma.
Un altro telaio che sopravvive è quello della tessitrice, sa tessignana, che in qualche casa continua a produrre fànugas e arazzi, così come resiste l'arte del legno intagliato con vecchi simboli che danno pregio a salcedda, la cassapanca, e si conserva la tradizione dei taskettes, i dolci della festa.

In paese si celebra, il 28 agosto, il patrono S.Agostino, cui è intitolata la chiesa parrocchiale.

Da vedere:
Museo di Scienze Naturali, chiesa parrocchiale S.Agostino

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